Profilassi
post-esposizione
Un ciclo di farmaci antiretrovirali somministrati entro un tempo tra le
48 e le 72 ore dopo l'esposizione a sangue sieropositivo o secrezioni
genitali, viene indicato come
profilassi post-esposizione.[145]
L'uso della
zidovudina in monoterapia riduce il rischio di una successiva
infezione da HIV a seguito di una puntura di ago.[145]
Il trattamento è consigliato anche dopo una
violenza sessuale quando l'autore è noto per essere sieropositivo, ma
non il suo utilizzo è dubbio quando lo stato di sieropositività è
sconosciuto.[146]
L'attuale trattamento di profilassi utilizza in genere
lopinavir/ritonavir
e
lamivudina/zidovudina
o
emtricitabina/tenofovir.[145]
La durata del trattamento è di quattro settimane[147]
ed è spesso associato ad effetti avversi (con zidovudina in circa il 70%
dei casi, tra cui
nausea
nel 24%, nel 22% affaticamento, sofferenza emotiva nel 13%, e
cefalea
nel 9%).[148]
Madre-bambino
Programmi per prevenire la trasmissione del virus HIV da madre a figlio
possono ridurre i tassi di trasmissione dal 92 al 99%.[149][150]
Si tratta in primo luogo dell'uso di una combinazione di farmaci
antivirali durante la
gravidanza e dopo la nascita del bambino, ma comprende anche
l'utilizzo del biberon piuttosto che l'allattamento
al seno.[149][151]
Se l'alimentazione sostitutiva è accettabile, fattibile, abbordabile,
sostenibile e sicura, le madri dovrebbero evitare l'allattamento al seno
per i loro bambini. La somministrazione di estesa profilassi
antiretrovirale al neonato diminuisce il rischio di trasmissione.[152]
Controllo sulle donazioni di sangue e di organi
A partire dagli
anni
'90, il rischio di trasmissione dell'HIV attraverso le
trasfusioni di sangue e
trapianti d'organi è stato notevolmente ridotto, grazie ad un migliore
screening dei donatori e alla disponibilità di test sierologici
sempre più efficienti[153].
Tuttavia il si è ancora distanti dall'ipotetico "rischio zero". Per
migliorare ulteriormente i risultati si sta ponendo sempre più attenzione
verso i test di amplificazione degli acidi nucleici virali[153][154].
In India,
che conta la seconda più alta popolazione HIV positiva mondiale con circa
2,5-3,0 milioni di casi, su un totale di 204.677 donatori di sangue
testati, 486 (circa lo 0,237%) sono stati trovati positivi con il
Western blot per HIV-1[155].
L'istituto Robert Koch tedesco, ha rilevato una frequenza di infezioni
incidenti di HIV in un valore compreso tra 0.8 e 0.9 casi per 100.000
donazioni[156].
Un strategia utilizzata in molti paesi per limitare il contagio
trasfusionale è l'avvalersi di donatori abituali, selezionati grazie a
questionari riservati, di cui si può conoscere la storia clinica[157][156][158].
Stato della ricerca
Viene generalmente ritenuto che solo un
vaccino
può arrestare la
pandemia,
poiché il suo utilizzo non richiederebbe trattamenti giornalieri e sarebbe
quindi economicamente accessibile anche nei
paesi in via di sviluppo. Tuttavia, anche dopo quasi 30 anni di
ricerche, il vaccino per l'HIV-1 rimane un obiettivo ancora lontano.[159]
La ricerca per il miglioramento dei trattamenti consiste nel tentativo
di ridurre gli effetti collaterali dei farmaci, nell'ulteriore
semplificazione delle terapie farmacologiche e determinare le migliori
strategie per gestire la resistenza alla terapia. Alcuni studi hanno anche
suggerito di operare strategie atte a prevenire le infezioni
opportunistiche. La vaccinazione contro l'epatite
A e
B è consigliata per i pazienti che non sono infettati con questi virus
e che sono a rischio di contrarre l'infezione.[160]
Ai pazienti con immunosoppressione sostanziale viene inoltre consigliata
una terapia di profilassi per la polmonite da
Pneumocystis carinii (PCP) e molti pazienti possono trarre
beneficio da una terapia profilattica per la
toxoplasmosi e per la
meningite da Cryptococcus.[84]
I ricercatori della Hebrew University di
Gerusalemme hanno scoperto che una combinazione di
peptidi
stimolano l'integrazione con l'inibitore della
proteasi
Ro 31-8959 che causa la morte
apoptotica delle cellule infettate da HIV con lo sterminio totale del
virus, ma senza danneggiare le cellule sane.[161][162]
Potrebbero però passare molti anni prima che diventi disponibile un
trattamento commerciale basato su questa scoperta.[163]
Le
piante transgeniche che
esprimono uno o più geni dei virus dell'AIDS possono rappresentare
un'efficace strategia per produrre un vaccino contro questa malattia, di
fatto sono state già prodotte piante che esprimono
antigeni che si sono rivelate efficaci nell'indurre la sintesi di
anticorpi specifici. Le piante transgeniche sono superiori rispetto ad
altri metodi per produrre vaccini perché nel tempo sono più economiche e
producono più antigeni[164]
[165].
A
Berlino, in
Germania,
un paziente di 42 anni affetto da
leucemia,
Timothy Ray Brown (noto anche come il "paziente di Berlino"),[166]
infettato da HIV da più di un decennio, è stato sottoposto ad un
trapianto sperimentale di
midollo osseo con cellule che contenevano un'insolita variante
naturale della superficie cellulare del recettore CCR5. Quasi due anni
dopo il trapianto, e anche dopo che il paziente ha interrotto l'assunzione
di farmaci antiretrovirali, l'HIV non è stato più rilevato nel suo sangue.[167]
A partire da dicembre 2010, tre anni dopo il trapianto, Brown era ancora
privo di qualsiasi traccia rilevabile di HIV nel suo sangue[166].
Il suo caso resta però aneddotico, per i rischi e l'alta mortalità
connessi ai trapianti di cellule transplantali e per la difficoltà di
trovare donatori disponibili[168].
Aspetti sociali
Stigmatizzazione sociale
Ryan White, un ragazzo statunitense affetto da HIV che diventò
uno dei simboli della lotta contro la malattia e il pregiudizio.
Fin dalla sua comparsa, l'Aids ha sollevato una serie di problemi, tra
cui anche quello sociale. Il contagio è stato associato fin dalle origini
con comportamenti etichettati come trasgressivi, come la promiscuità
sessuale, l'omosessualità, il consumo di droghe. Nella società civile la
persona che ha contratto l'infezione da HIV, prima di essere accettata
come cittadino con un problema di salute, è vista innanzitutto come
portatrice di una malattia ‘giudicata’. Passato l'allarme legato al
dilagare dell'epidemia, le informazioni sulla malattia circolano molto
meno e sono essenzialmente legate all'iniziativa delle singole persone:
molti non sanno come rapportarsi con persone sieropositive, quali siano i
rischi e i non-rischi, prevalendo un diffuso senso di paura verso "il
diverso"[47].
Tale atteggiamento viene percepito appieno dai contagiati che sono
costretti a vivere in una stretta clandestinità: le centinaia di migliaia
di persone sieropositive in paesi come l'Italia di fatto non esistono. La
difficoltà nel condividere con altri il proprio stato, i problemi che ne
derivano, sono tra le cause di maggior sofferenza di chi è portatore del
virus: tali problematiche si sono in un certo senso acuite con la
cronicizzazione farmacologica della malattia, quando la scomparsa dei
sintomi fisici ha messo in evidenza tutte le tematiche della malattia
legate al normale vivere nella società[47].
Impatto economico
Variazioni speranza di vita in alcuni paesi africani più colpiti
██ Botswana
██ Zimbabwe
██ Kenya
██ South Africa
██ Uganda
L'AIDS colpisce duramente sia l'economia dei paesi che dei singoli
cittadini[169].
Il
prodotto interno lordo dei paesi più colpiti risulta ridotto anche a
causa della mancanza di capitale umano[169][170].
Senza una corretta alimentazione e senza l'assistenza sanitaria e la
medicina, un gran numero di pazienti possono morire a causa delle
complicanze legate all'AIDS. I pazienti non solo non sono in grado di
lavorare, ma richiedono importanti cure mediche. Si stima che nel 2007 vi
siano stati 12 milioni di
orfani dell'AIDS[169].
Molti di essi vengono accuditi dai nonni anziani[171].
Colpendo per lo più giovani adulti, l'AIDS riduce la popolazione
imponibile. Ciò si traduce in una diminuzione delle risorse disponibili
per la spesa pubblica come l'istruzione e i servizi sanitari, con
conseguente aumento della pressione fiscale da parte dello Stato e il
rallentamento della crescita economica[171].
A livello famigliare, l'AIDS comporta una perdita di reddito, ma anche
un aumento della spesa per l'assistenza sanitaria. Uno studio effettuato
in
Costa d'Avorio ha mostrato che le famiglie con un paziente affetto da
HIV/AIDS incorrano in una spesa medica del doppio rispetto alle altre
famiglie. Queste spese supplementari influiscono negativamente sugli altri
investimenti personali o familiari[172].
Religione e AIDS
Il tema della religione e dell'AIDS è diventato molto controverso negli
ultimi venti anni, soprattutto perché alcune autorità religiose hanno
pubblicamente dichiarato la loro opposizione all'uso del
preservativo[173][174].
L'approccio religioso per prevenire la diffusione dell'AIDS, in base a una
relazione di Matthew Hanley, sostiene che cambiamenti culturali siano
necessari, tra cui una rinnovata enfasi sulla fedeltà nel matrimonio e
l'astinenza sessuale al di fuori di esso[174].
Alcune organizzazioni religiose hanno affermato che la preghiera può
curare l'HIV/AIDS. Nel 2011, la
BBC ha riferito
che alcune chiese di
Londra
sostenevano di essere in grado di curare l'AIDS con la sola preghiera e
alcuni pazienti avevano riferito di aver smesso di prendere i loro
farmaci, su consiglio diretto del loro pastore, causando così un aumento
del numero di morti per la condizione[175].
La
Synagogue, Church Of All Nations pubblicizza una "unzione acquosa"
per promuovere la guarigione, anche se il gruppo nega di consigliare di
interrompere l'assunzione di farmaci[175].
Ipotesi
alternative sull'Aids
Una piccola minoranza di autori ha messo in discussione, con
argomentazioni che sono però state ripetutamente dimostrate essere prive
di fondamento scientifico, biologico o clinico, la connessione tra HIV e
AIDS, l'esistenza del virus, o la validità delle attuali metodologie
diagnostiche.[176]
Queste considerazioni hanno ricevuto forti smentite dalla comunità medica
internazionale e dall'evidenza scientifica oggettiva.[177]
L'emergere di tali idee "negazioniste" ha portato quindi, da parte di
oltre 5.000 tra medici e scienziati (tra cui 11 vincitori di
Premio Nobel), alla sottoscrizione dell'importante documento noto come
Dichiarazione di Durban, nel quale si afferma che il legame causale
tra HIV e AIDS è "chiaramente definito, esaustivo e univoco".[178]
PARTE I
PARTE II
PARTE IV
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