L'agricoltura biologica è un tipo di
agricoltura che considera l'intero ecosistema agricolo, sfrutta la
naturale fertilità del
suolo
favorendola con interventi limitati, promuove la
biodiversità dell'ambiente in cui opera ed esclude l'utilizzo di prodotti
di sintesi (salvo quelli specificatamente ammessi dal regolamento comunitario)
e
organismi geneticamente modificati.
Definizione
La parola "biologica" presente in agricoltura biologica è in realtà
un termine improprio: l'attività agricola, biologica o convenzionale, verte
sempre su un processo di natura biologica attuato da un organismo vegetale,
animale o microbico.
La differenza sostanziale tra agricoltura biologica e convenzionale
consiste nel livello di energia ausiliaria introdotto nell'agrosistema:
nell'agricoltura convenzionale si impiega un notevole quantitativo di energia
ausiliaria proveniente da processi industriali (industria chimica, estrattiva,
meccanica, ecc.); al contrario, l'agricoltura biologica, pur essendo in parte
basata su energia ausiliare proveniente dall'industria estrattiva e meccanica,
reimpiega la materia principalmente sotto forma organica.
Una dicitura sintetica più appropriata avrebbe forse potuto essere una di
quelle adottate in altre lingue, agricoltura organica oppure
agricoltura ecologica, in quanto mettono in evidenza i principali aspetti
distintivi dell'agricoltura biologica, ovvero la conservazione della
sostanza organica del terreno o l'intenzione originaria di trovare una
forma di agricoltura a basso impatto ambientale.
Teoria
La filosofia dietro a questo diverso modo di coltivare le piante e allevare
gli animali non è unicamente legata all'intenzione di offrire prodotti senza
residui di
fitofarmaci o
concimi chimici di sintesi, ma anche (se non di più) alla fondata volontà
di non determinare nell'ambiente
esternalità negative, cioè impatti negativi sull'ambiente a livello di
inquinamento di acque, terreni e aria.
Nella pratica biologica sono centrali soprattutto gli aspetti
agronomici:
la fertilità del terreno viene salvaguardata mediante l'utilizzo di
fertilizzanti organici, la pratica delle
rotazioni colturali e lavorazioni attente al mantenimento (o,
possibilmente, al miglioramento) della
struttura del suolo e della percentuale di sostanza organica; la lotta
alle avversità delle piante è consentita solamente con preparati vegetali,
minerali e animali che non siano di sintesi chimica (tranne alcuni prodotti
considerati "tradizionali") e privilegiando la
lotta biologica, tranne nei casi di lotta obbligatoria in cui devono
essere usati i più efficaci
principi attivi disponibili.
Gli animali vengono allevati con tecniche che rispettano il loro benessere
e nutriti con prodotti vegetali ottenuti secondo i principi dell'agricoltura
biologica. Sono evitate tecniche di forzatura della crescita e sono proibiti
alcuni metodi industriali di gestione dell'allevamento, mentre per la cure
delle eventuali malattie si utilizzano rimedi omeopatici e fitoterapici
limitando i medicinali allopatici ai casi previsti dai regolamenti.
Un'interpretazione del concetto di agricoltura biologica tesa alla
sovranità alimentare e a una più radicale opposizione alla moderna agricoltura
industriale è il principio di
autorganizzazione.
Nell'agricoltura
naturale di
Fukuoka, la coltura del riso oltre a non usare concimi e prodotti
fitosanitari, prevede di non arare mai la terra e l'inondazione del suolo dura
una settimana soltanto (monsoni). I raccolti, secondo il promotore della
tecnica, sono elevati e possono raggiungere rese di 7,5 tonnellate per ettaro.[1]
Legislazione
L'agricoltura biologica in
Europa è
stata regolamentata per la prima volta a livello comunitario nel 1991 con il *Reg.
(CEE) n° 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico di prodotti
agricoli e all'indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle
derrate alimentari.Solo nel 1999 con il *Reg. (CE) n° 1804/99 sono state
normate anche le
produzioni
animali.
Nel giugno del 2007 è stato adottato un nuovo regolamento CE per
l'agricoltura biologica, Reg. (CE) n° 834/2007, che abroga i precedenti ed è
relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici
sia di origine vegetale che animale (compresa l'acquacoltura).
Qualità
Gli alimenti biologici si sono dimostrati privi di residui da
fitofarmaci nelle analisi condotte da Legambiente nell'ambito dello studio
Pesticidi nel piatto 2007.[2]
Inoltre uno studio del 2005 ha dimostrato che le tracce di agrofarmaci
contenuti nelle urine dei bambini scompaiono dopo pochi giorni di
alimentazione biologica.[3]
Alcune ricerche recenti hanno riportato per taluni prodotti biologici un
contenuto più elevato di
antiossidanti e
nutrienti[4].
In generale però, secondo una analisi del corpus delle conoscenze attualmente
disponibili, svolta dall'Agenzia Francese per la Sicurezza Alimentare nel
2003, non è possibile concludere che esistano differenze rimarcabili in quanto
ad apporti nutrizionali tra prodotti convenzionali e biologici[5].
In ogni caso alcuni studi hanno mostrato che
pesche, mele
e
kiwi biologici hanno consistenza maggiore, e contengono una maggiore
quantità di sostanze nutritive e
antiossidanti quali zuccheri naturali,
vitamina C,
beta-carotene e
polifenoli, concordando con ricerche precedenti, come quella dell'Istituto
nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, che nel 2002 ha
rilevato una superiorità nutritiva di
pesche, pere,
susine e
arance biologiche rispetto alla controparte convenzionale.[3]
I pomodori studiati a Davis indicano che la qualità del terreno sia un fattore
chiave, ma non sembra essere il solo: per esempio la
polpa dei frutti bio contiene meno acqua, e presenta dunque una
concentrazione di nutrienti più elevata; un altro fattore è legato alle
varietà scelte per la coltivazione biologica che sono spesso più pregiate.
L'ipotesi più accreditata per spiegare questi dati è che le piante bio, non
essendo aiutate dalla chimica a crescere e a difendersi, siano costrette a
produrre da sole molte più sostanze protettive che hanno un effetto contro
insetti, funghi e batteri.[3]
Nella prassi quotidiana, tali differenze qualitative presenti fra prodotti
biologici e tradizionali tendono però ad appiattirsi a causa delle richieste
dell'industria di trasformazione e distribuzione che richiede omogeneità e
qualità uniformi per tutte le tipologie di prodotto[6].
Per ovviare a ciò sono state sviluppate apposite filiere corte.
Il tema delle micotossine
Una diffusa idea sul cibo biologico vuole che essi presentino una presenza
più elevata di
micotossine, sostanze naturali ad azione tossica prodotte da numerose
specie di funghi. Diversi studi su micotossine, aflatossine e altri
contaminanti degli alimenti non hanno però evidenziato differenze
significative. In particolare, lo studio: “Qualità alimentare specifica e
sicurezza dei cibi biologici”, presentato alla XXII Conferenza
FAO per l’Europa (dal titolo "Food safety and quality as affected by
organic farming"[7])
conclude che “si può escludere che la produzione biologica conduca ad un
rischio di contaminazione da micotossine più elevato".
Critiche
L'agricoltura biologica, soprattutto se vista come modello di sviluppo
globale (soprattutto da alcuni movimenti come
Slow Food
o attivisti come
Vandana Shiva), è stata al centro di dibattiti e critiche. In particolare
sono due le principali obiezioni sollevate: la sua non sostenibilità su larga
scala e la scarsa scientificità di talune sue pratiche legate all'assioma
naturale=buono.
Sostenibilità
Se è vero che il divieto di usare la maggior parte di prodotti agrochimici
di sintesi riduce quella parte dell'impatto ambientale agricolo legata
all'immissione di molecole tossiche nell'ambiente, è altresì vero che la
produzione biologica ha mediamente rese inferiori del 20-45% rispetto a quella
convenzionale e pertanto, per produrre le medesime quantità, sarebbe
necessario mettere a coltura il 25-64% di terre in più[8].
Questo però porterebbe alla distruzione di habitat naturali importanti per la
biodiversità oltre che ad aggravare il problema della fame[9].
Vi è inoltre la credenza che le pratiche di gestione biologiche consentano
di ridurre la percolazione in falda di azoto o che aiutino alla sviluppo delle
comunità microbiche del suolo; essa però non è del tutto accurata esistendo a
riguardo dati controversi[10].
In tema di sostenibilità è stato osservato inoltre che l'agricoltura
biologica è in grado di avvicinarsi, per molte colture, ai risultati di quella
convenzionale solo se accoppiata ad una fertilizzazione del terreno. A causa
della scarsità di animali allevati in modo biologico è attualmente consentito
l'utilizzo anche di fertilizzanti certificati come biologici che di fatto però
derivano da produzioni convenzionali. Questa pratica rende le rese
dell'agricoltura biologica dipendenti dalla presenza di una forte agricoltura
convenzionale, con risultati che non si potrebbero mantenere qualora
l'agricoltura biologica, da fenomeno di nicchia, dovesse trasformarsi in un
fenomeno globale[11].
Scientificità
In agricoltura biologica la scelta dei prodotti e delle molecole
utilizzabili è decisa in base alla loro origine, che deve essere naturale.
Tale distinzione tra prodotti naturali e di sintesi è però vuota da un punto
di vista scientifico e porta all'erronea conclusione che i secondi siano più
tossici dei primi. Questo di fatto consente di usare in agricoltura biologica
prodotti naturali che presentano tossicità superiori rispetto a quelle di
diversi prodotti di sintesi (come nel caso del
rotenone)
o il cui impatto ambientale è rilevante come nel caso del
solfato di vinaccia, del
nitrato del Cile o del
verderame[12].
Vi sono inoltre alcune patologie che non sono controllabili con sistemi
biologici o per i quali vige la lotta obbligatoria[13]
che consente di mantenere la certificazione biologica pur utilizzando prodotti
chimici di sintesi per il controllo dell'insetto o della patologia.
In taluni casi, l'impossibilità di usare diserbanti, rende necessario un
maggior numero di lavorazioni meccaniche e per certe colture queste diventano
onerose sia economicamente sia energeticamente, come nel caso del riso
biologico[14].
Questi motivi rendono difficile la coltivazione biologica per molte specie
agrarie, specialmente le
commodity
come il
mais e la
soia, la maggior parte delle coltivazioni è quindi confinata a specie di
più facile gestione come alcune arboree (olivo) ed i pascoli e foraggi, che da
soli costituiscono circa il 50% della superficie italiana a biologico[15].
Imposizioni e sostegni
Alcuni detrattori del "modello" biologico criticano fortemente anche l'uso
della presunta superiorità del cibo biologico (nemmeno la pubblicità dovrebbe
farvi riferimento[16])
per far passare provvedimenti che ne impongano l'utilizzo nelle scuole
sostenendo in modo artificiale il settore[17].
Molto criticati sono anche gli incentivi previsti per questo settore[18].
Diffusione
L'agricoltura biologica in questi anni ha sollevato molto interesse nei
consumatori soprattutto a causa di alcuni scandali alimentari (BSE
e Diossina)
pur rimanendo un mercato di nicchia, dovuto in larga parte ai prezzi più alti
rispetto ai corrispettivi prodotti convenzionali. In Italia, uno dei paesi
leader nella produzione biologica europea interessa circa il 6,9% nel della
superficie agricola, di cui più del 50% rappresentato da
pascoli e
foraggere.[19]
Oltre alle considerazioni di tenore ambientale, altri motivi che hanno spinto
l'adozione di questo tipo di pratica agricola in generale sono state quelle di
tenore imprenditoriale (i consumatori sono disposti a pagare di più per i
prodotti biologici) o legate alla disponibilità di finanziamenti dell'Unione
europea per l'adozione di pratiche agricole eco-compatibili.
Le differenze con altri paesi
A differenza di quanto accade in tutta Europa, Stati Uniti o
Giappone,
dove tutte le principali catene distributive realizzano prodotti biologici a
proprio marchio, e dove esistono catene di
supermercati specializzati, negli ultimi anni la diffusione dei prodotti
biologici nella grande distribuzione del nostro Paese ha subito un
rallentamento. L'esaurimento delle risorse dei Piani regionali di sviluppo -
lo strumento con cui le Regioni "spendono" i finanziamenti europei per
l'agricoltura - ha avuto la maggior responsabilità nella riduzione del numero
delle aziende e delle superfici di vendita.
Il fatto non deve essere inteso però come indice di crisi di mercato: il
sistema di controllo è infatti stato lasciato ad aziende maggiormente
interessate ai contributi europei, che han continuato a vendere i propri
prodotti sul mercato convenzionale. Di conseguenza il volume di prodotti
biologici commercializzati si è ridotto solo nel canale supermercati, mentre
ha continuato a crescere nel canale dei negozi specializzati ed in quello
delle vendite dirette degli agricoltori.
Nella ristorazione collettiva
Anche la quota di prodotti biologici utilizzati dalla ristorazione
collettiva è in crescita: circa 1 milione di bambini mangiano cibo biologico a
scuola[senza fonte]
(come previsto dalla legge n.488/1999, art.59 e da altre leggi regionali) ed
alcune regioni, tra le quali Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Marche e
Basilicata, erogano anche contributi alle amministrazioni locali che optano
per i prodotti biologici. La legge regionale n.29/2002 dell'Emilia-Romagna
impone inoltre l'uso esclusivo di prodotti biologici in nidi d'infanzia,
scuole d'infanzia e scuole elementari, mentre dev'essere di produzione
biologica almeno il 35% degli ingredienti utilizzati nelle altre refezioni.
Organismi di controllo
Gli organismi di controllo autorizzati dal Ministero delle Politiche
Agricole sono enti privati a cui la legge assegna il compito di verificare il
rispetto dei regolamenti attuativi da parte delle aziende biologiche e
concedere il proprio marchio da apporre alle etichette dei prodotti venduti
dall’azienda associata. Tali organismi dovrebbero rispettare il principio di
‘’terzietà’’ non intrattenendo altri rapporti commerciali o di consulenza con
le aziende certificate; le Regioni e le Province a statuto speciale sono
preposte al controllo di questo aspetto. Gli organismi di controllo effettuano
ispezioni presso le aziende associate con cadenza almeno annuale. L’ispezione
consiste in un sopralluogo di un incaricato dell’organismo certificatore che
controlla il rispetto delle normative, la tenuta dei registri e se necessario,
in presenza di sospette violazioni, preleva campioni da fare analizzare in
laboratorio presso l’ARPAT o presso un laboratorio accreditato dal SINAL
(Sistema Nazionale per l’Accreditamento di Laboratori
[4] ).
Note
- ^ Fukuoka
Masanobu, La rivoluzione del filo di paglia. Un'introduzione
all'agricoltura naturale, Quaderni d'Ontignano, Libreria Editrice
Fiorentina, 1980 pag. 80.
- ^ Daniela
Minerva, Bio non fa miracoli, L'Espresso, anno LII, n. 34, 30
agosto 2007, p. 32
- ^ a
b
c Daniele Fanelli,
Polemica verde, L'Espresso, anno LII, n. 34, 30 agosto 2007,
p. 37.
- ^ ad esempio, gli
scienziati dell'Università
di Davis, California, in uno studio pubblicato nel giugno 2007, hanno
misurato la concentrazione di
flavonoidi in
pomodori bio e non, raccolti fra il 1994 e il 2004 in uno studio
ultradecennale che mette a confronto decine di sistemi di coltivazione
diversi in ambiente controllato. Lo studio ha riscontrato che mediamente i
pomodori bio avevano il 97% in più di
canferolo, il 79% in più di
quercetina e il 31% in più di
naringina,
e si è inoltre dimostrato che il suolo coltivato con metodi biologici
migliora nel tempo, dando frutti sempre migliori.
- ^ En l’état actuel des
connaissances et devant la variabilité des résultats des études examinées,
il ne peut être conclu à l’existence de différence remarquable, au regard
des apports de référence disponibles (ANC), des teneurs en nutriments entre
les aliments issus de l’agriculture biologique et ceux issus de l’agriculture
conventionnelle. Concernant les polyphénols, les études montrent un
potentiel intéressant de l’agriculture biologique à prendre en compte dans
le cadre de réflexions plus générales sur cette catégorie de
microconstituants.
[1]
- ^
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Bio-non-fa-miracoli/1732248//0
- ^
Twenty Second FAO Regional Conference for Europe, Food safety and quality as
affected by organic farming. Porto, Portugal, 24-28 July 2000
- ^ A number of
long-term field trials in Europe reveal that crop yields are on average 20%
lower in organic systems that combine crops with animals and 33 to 45% lower
in organic systems with crops alone, compared to their conventional
counterparts
[2]
- ^
http://biotecnologiebastabugie.blogspot.com/2008/05/che-ora-la-fine-del-mondo.html
- ^ experiments indicate
that if differences between comparative studies caused by different crop
rotations and N input intensity are largely eliminated, leaching of N from
organic systems is not lower per unit area
[3].
- ^
http://www.ppi-ppic.org/ppiweb/bcrops.nsf/$webindex/5C4DB79980D02F8285256F9E002114F6/$file/05-1p24.pdf
- ^
http://www.marshall.org/article.php?id=73
- ^
http://agricoltura.regione.lombardia.it/sito/tmpl_action.asp?DocumentoId=3273&SezioneId=2804000000&action=Documento
- ^
http://attra.ncat.org/attra-pub/rice.html
- ^
http://www.inea.it/pdf/itaconta2008/itaconta2008.pdf
- ^
http://www.dsp-auslbo.it/pdf/vet/seminari/etichet/10-laurola.pdf
- ^
http://archiviostorico.corriere.it/2008/aprile/20/Mense_sempre_piu_biologiche_conviene_co_9_080420013.shtml
- ^
http://www.portaledibioetica.it/documenti/000711/000711.htm
- ^ Dati
INEA.
Bibliografia
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Agricoltura, Rivista del Ministero Politiche Agricole e Forestali, n° 301,
2000
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- Fukuoka Masanobu, La rivoluzione del filo di paglia. Un'introduzione
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ou rétablir la fertilité du sol, Triades, Paris, 1979
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Academic Press, San Diego, 1989
- Saltini Antonio, Storia delle scienze agrarie, 4 voll.,
Edagricole, Bologna, 1984-89
- Saltini Antonio, Le agricolture “biologiche”, avanguardia o devianza
del progresso agronomico? Estr. da Rivista di storia dell'agricoltura,
n° 2, 1995
- Steiner Rudolf, Geisteswissenschaftliche Grundlagen zum Gedeihen der
Landwirtschaft, Dornach, 1963
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